L’8 gennaio, la notizia del giorno dopo la pubblicazione del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS)[1] di inizio mese era che i non vaccinati finivano in terapia intensiva 25,6 volte di più di chi aveva il booster. Apriti cielo! Che cosa significava questa notizia? Difficile dirlo.

Dai dati disaggregati, ad esempio, emergeva anche che, nel caso dei vaccinati, a differenza di quello dei non vaccinati, il numero totale dei morti era superiore al numero di morti nelle terapie intensive. In base a questi dati, presi singolarmente, si poteva dire che se si finiva in terapia intensiva da vaccinati si avevano più probabilità di morire rispetto a chi non era vaccinato. Per avere risposte certe bisognerebbe avere avuto il dato disaggregato di quanti erano effettivamente morti tra le persone che erano finite in terapia intensiva e di quali fattori avevano fatto reagire meglio i sopravvissuti della terapia intensiva. In altre parole, dal bollettino non sapevamo dove erano morti quelli che erano morti e quante persone finite in terapia intensiva erano effettivamente morte. Probabilmente, il numero totale di morti era un misto di ospedalizzazioni e terapie intensive.

Do per scontato, infatti, che dei morti fuori dagli ospedali non si può avere, salvo accertamenti autoptici o casi particolari, una correlazione sufficientemente certa con la COVID 19 e che, pertanto, i bollettini dell’ISS inseriscono tra i morti da COVID solo quelli degli ospedali, dove i pazienti sono effettivamente seguiti e monitorati e dove si potrebbe valutare la correlazione tra morte e malattia. Se qualcuno muore semplicemente mentre è positivo al SARS-Cov-2, magari senza neppure sapere di esserlo, non è un morto da COVID. Risultare positivo all’infezione non significa morire della malattia, come chi muore in un incidente stradale mentre ha il raffreddore non muore per il raffreddore ma per l’incidente stradale. Di fatto nessuno sa quale sia la percentuale di persone infette da SARS-Cov-2 che muoiono per la COVID piuttosto che per altre cause.

Il problema cruciale dei bollettini ISS è però il criterio di identificazione dei non vaccinati. Eccolo qui, letteralmente:

«Casi non vaccinati: tutti i casi notificati con una diagnosi confermata di infezione da virus SARS-CoV-2 che:

  • non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino, oppure
  • sono stati vaccinati con prima dose o con vaccino mono dose nei 14 giorni precedenti la diagnosi stessa, ovvero che abbiano contratto l’infezione prima del tempo necessario per sviluppare una risposta immunitaria almeno parziale al vaccino».[2]

Ora, il primo di questi criteri è certo perché si rifà ad un dato di fatto indubitabile, cioè il non essere mai stati toccati dal siero.

Il secondo, invece, confonde le cose perché dice che tra i non vaccinati ci sono anche molti vaccinati e, specialmente, che ci sono i più esposti agli effetti avversi del vaccino. In altre parole, secondo questo criterio dell’ISS i non vaccinati includono chi ha subito effetti avversi dal vaccino nelle prime due settimane dall’inoculazione che, in genere, pare siano quelle in cui si manifestano più facilmente effetti gravi. Per essere ancora più chiari: se una persona riceve la dose del vaccino e, nei 14 giorni successivi, va in terapia intensiva o muore positiva al COVID l’ISS lo considera un ricoverato o morto non vaccinato. Ma è stato ricoverato o è morto a causa della COVID o a causa del vaccino? In base al criterio dell’ISS non lo sapremo mai.

La verità è che finché non avremo dati disaggregati sufficienti a distinguere tra effetti avversi al vaccino, da una parte, ed effetti della COVID sui non vaccinati, dall’altra, non potremo valutare l’incidenza della COVID sulle condizioni di salute, sulle ospedalizzazioni e sulle morti dei non vaccinati.

Naturalmente, per avere risposte ragionevolmente esaurienti ci vorrebbe una seria valutazione interdisciplinare sulle cause dei decessi. Sarebbe anche utile incrociare i dati già disponibili con quelli di una farmacovigilanza attiva accurata che, pur essendo richiesta legalmente e moralmente dalle autorizzazioni condizionali (o emergenziali) di questi farmaci, la politica non vuole fare. L’uso del secondo criterio ISS di qualificazione dei non vaccinati è confusionario e non scientifico. Si basa sul principio religioso del favor vaccini, secondo cui qualunque cosa serva a far fare bella figura agli pseudo vaccini va preferita ad altri criteri anche se più accurati e logici. In definitiva, con la scusa che, per ipotesi, i sieri non avrebbero efficacia nei primi 14 giorni si altera la realtà dei fatti qualificando persone già vaccinate come non ancora vaccinate. Una scienza che calza a pennello per il business delle Big Pharma.

È ovvio che al momento l’unico criterio certo, in mancanza di farmacovigilanza attiva e di dati disaggregati adeguati, rimarrebbe quello di distinguere semplicemente tra chi non ha mai ricevuto alcuna dose del vaccino e chi l’ha ricevuta. Ma, ripeto, questo non andrebbe a vantaggio delle case farmaceutiche e va quindi scartato.

Il problema però è molto più grave. Infatti, anche con gli attuali criteri ISS incentrati sul favor vaccini, e pur senza adeguata farmacovigilanza attiva, si potrebbero lo stesso confrontare i dati dell’ISS con i dati AIFA sugli effetti avversi. Non sarebbe difficile, ad esempio, applicare alcune correzioni alle statistiche dei morti dell’ISS sulla base delle morti da effetti avversi. Stranamente, però, già da quattro mesi l’AIFA non pubblica più i bollettini mensili sugli effetti avversi. Li manda all’Europa ma non li fa vedere agli italiani. Questa cosa, in tempi di emergenza nazionale pandemica, è di una gravità inaudita ma risponde ad una perfetta strategia dell’inganno se il proposito è in effetti quello del favor vaccini.

Facciamo gli avvocati del diavolo e immaginiamo che ISS e AIFA siano segretamente alleati col CTS per proteggere il governo da qualsiasi responsabilità e per evitare che si generi qualsiasi ombra sull’efficacia e sulla sicurezza dei vaccini. Cosa farebbero in questo caso? Falsificare i dati sarebbe troppo pericoloso. C’è un’altra strada. Da una parte, li si presenta in modo aggregato tramite i bollettini ISS e, dall’altra, si tengono nascosti i dati sugli effetti avversi dell’AIFA. E voilà! Il gioco è fatto. Secondo me questo giochetto emerge bene dall’ultimo bollettino ISS aggiornato al 26 gennaio 2022.[3]

Da questo bollettino si evince intanto che il numero di morti da COVID è molto inferiore a quello propagandato costantemente dai media mainstream finanziati dal governo. Queste testate, naturalmente, devono guadagnarsi la loro paghetta e tendono a gonfiare i morti da COVID aggiungendovi i morti positivi al SARS-Cov-2. Ma lasciamo stare questo discorso generale. Guardiamo ai dettagli.

Dal rapporto precedente – quello dei primi di gennaio di cui ho parlato al principio – emerge, ad esempio, che il numero di morti complessivi da COVID da inizio epidemia nella fascia fino ai 19 anni è di 36 (che in sé implica naturalmente una percentuale insignificante).[4] Dal rapporto di fine gennaio, invece, emerge che quel numero è di 39.[5] Tra i due rapporti sono morti quindi 3 giovani sotto i 19 anni classificati come morti da COVID. Nel caso di queste fasce di età, per qualche ragione, il bollettino non ci dice se le morti sono avvenute tra i vaccinati o tra i non vaccinati. La tabella generale dettagliata (la n. 5), infatti, non include tutte queste fasce di età. Per quello che ne sappiamo, quindi, questi tre morti potrebbero anche essere attribuibili ad effetti avversi ravvicinati del vaccino.

Indipendentemente da questi tre morti, però, quanti sono i giovani morti per effetti avversi sulla base della farmacovigilanza di AIFA? A occhio, anche sulla base delle notizie giornalistiche (tenute debitamente nascoste dai media al soldo del governo ma rinvenibili nella comunicazione libera) potrebbero essere facilmente più di tre. E se fosse davvero così? Se gli effetti avversi del vaccino stessero già causando nei giovani più morti di quelli causati (seppure in base ai dati eccentrici di ISS) dalla COVID? Come si potrebbe giustificare l’attuale politica diabolica della vaccinazione dei giovani e dei bambini se il vaccino ne stesse già uccidendo più della malattia? Ci sarebbe un’unica soluzione: tenere nascosti i dati AIFA e non parlare degli effetti avversi. Anche qui, l’immoralità chiama e il giornalismo mainstream risponde. Che importa se muore qualche bambino quando in gioco c’è la tenuta del governo? Ma non c’è neppure un giudice in Italia che si renda conto di quanto sia importante che AIFA consegni i suoi bollettini e ne ordini l’esibizione? Non importa proprio a nessuno capire se si stiano sacrificando vite innocenti alle esigenze personali indegne di alcuni politici?

A parte questi dati sui giovani fino ai 19 anni, c’è un altro aspetto dell’ultimo bollettino ISS che appare inquietante rispetto a quanto ho detto fino adesso. Si tratta dei numeri di terapie intensive e morti da COVID.

Se si confronta la tabella n. 5 (ospedalizzazioni, terapie intensive e mortalità) del penultimo bollettino ISS con le tabelle 5B (ospedalizzazioni e terapie intensive) e 5C (decessi) dell’ultimo rapporto si vede facilmente che i numeri sono tutti in peggioramento sia tra i vaccinati che tra i non vaccinati. Secondo il penultimo rapporto, il totale delle terapie intensive è di 1202 tra i non vaccinati e di 645 tra i vaccinati mentre il totale dei morti è, rispettivamente, di 1170 tra i non vaccinati e di 1578 tra i vaccinati. Secondo l’ultimo rapporto, invece, il totale delle terapie intensive è di 1753 tra i non vaccinati e di 1069 tra i vaccinati mentre il totale dei morti è rispettivamente di 2120 tra i non vaccinati e di 2498 tra i vaccinati. Riassumo questi dati per chiarezza nella seguente tabella:

Non vaccinati Vaccinati
Penultimo bollettino ISS

05/01/2022

–        Terapie intensive 1202 645
–        Morti 1170 1578
Ultimo bollettino ISS

28/01/2022

–        Terapie intensive 1753 1069
–        Morti 2120 2498

 

Eppure, sia tra gli esperti fanatici del vaccino filo governativi sia tra gli esperti fanatici che stanno prudentemente spostandosi su posizioni no vax che prima aborrivano e insultavano (come Bassetti) sia tra gli esperti indipendenti è ormai nozione pacifica che quasi tutti i contagi siano dovuti oggi alla variante Omicron che è molto più contagiosa ma molto meno pericolosa e letale. Come può la tendenza della pandemia essere positiva e i numeri di terapie intensive e mortalità così tanto in peggioramento?

La risposta più semplice, naturalmente, risiede negli effetti avversi al vaccino. Mentre la pandemia migliora il vaccino peggiora. Se lasciamo tutti i dati invariati l’ipotesi più ragionevole è in effetti questa, che il vaccino stia mietendo vittime sempre più abbondanti sia in termini di indebolimento del sistema immunitario sia in termini di effetti avversi diretti. Ciò sarebbe in sintonia anche con i dati della farmacovigilanza semi attiva americana V-safe del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e con molte ricerche indipendenti sugli effetti avversi al vaccino che mostrano un’incidenza di effetti avversi molto superiore a quanto ci si immaginava.[6]

Certo, se l’AIFA tornasse a fare il suo dovere istituzionale e pubblicasse i propri rapporti sulle segnalazioni (e non sulle interpretazioni!) dei possibili effetti avversi, tenuto anche conto dell’urgenza della farmacovigilanza per valutare l’azione politica sui vaccini e per consentire il consenso informato dei cittadini, tutto sarebbe più facile. Ma forse, come dicevo, è proprio questo il motivo per cui l’AIFA non fa il suo dovere, perché tra proteggere chi sta nelle stanze dei bottoni e proteggere la vita dei cittadini, purtroppo, le autorità, in questi tempi di emergenza succulenta, optano sempre per la prima opzione.

Fulvio Di Blasi è avvocato e dottore di ricerca in filosofia del diritto. È un esperto di etica e del pensiero di Tommaso d’Aquino. Ha insegnato in diverse università, tra cui la University of Notre Dame (USA), The John Paul II Catholic University of Lublin (Polonia), l’Università Pontificia della Santa Croce (Roma) e la LUMSA (Palermo). Ha più di 200 pubblicazioni. I suoi libri recenti includono La morte del Phronimos: Fede e verità sui vaccini anti Covid e Vaccino come atto di amore? Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia. Sulle questioni della pandemia e dei vaccini anti Covid tiene settimanalmente lezioni sul suo canale YouTube.

[1] Cfr., ISS, “Epidemia COVID-19: Aggiornamento nazionale 5 gennaio 2022”, 07/01/2022, URL: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_5-gennaio-2022.pdf.

[2] Cfr., ibid., p. 22.

[3] Cfr., ISS, “Epidemia COVID-19: Aggiornamento nazionale 26 gennaio 2022”, 28/01/2022, URL: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_26-gennaio-2022.pdf.

[4] Cfr., ISS, “Epidemia COVID-19: Aggiornamento nazionale 5 gennaio 2022”, cit., tabella 1, fasce 0-9 e 10-19.

[5] Cfr., ISS, “Epidemia COVID-19: Aggiornamento nazionale 26 gennaio 2022”, cit., tabella 3.

[6] Su questo si veda, ad esempio, la spiegazione di Alberto Donzelli dal minuto 46:45 in poi della recente lezione intervista che ha tenuto per la testata L’arte del comunicare, URL: https://www.lartedelcomunicare.it/alberto-donzelli-vaccini-anti-sars-cov-2-e-prevenzione-dellinfezione/.

Fulvio Di Blasi

Fulvio Di Blasi è avvocato e dottore di ricerca in filosofia del diritto. È un esperto di etica e del pensiero di Tommaso d’Aquino. Ha insegnato in diverse università, tra cui la University of Notre Dame (USA), The John Paul II Catholic University of Lublin (Polonia), l’Università Pontificia della Santa Croce (Roma) e la LUMSA (Palermo). Ha più di 200 pubblicazioni. I suoi libri recenti includono "La morte del Phronimos: Fede e verità sui vaccini anti Covid" e "Vaccino come atto di amore? Epistemologia della scelta etica in tempi di pandemia". Sulle questioni della pandemia e dei vaccini anti Covid tiene settimanalmente lezioni sul suo canale YouTube.