La presentazione del dottor Joseph Tritto (presidente di WABT) all’International Covid Summit, è fatta anche a nome della WABT, fondata nel 1997 sotto l’egida dell’UNESCO quando Federico Mayor ne era il direttore generale; ed era un medico neurologo, e questo sottolinea l’importanza della medicina e delle tecnologie innovative in ambito medico, nella tecnologia globale. La Wabt è stata la prima ONG dell’Unesco dedicata alla tecnologia medica.

Il punto cruciale di questo intervento è il DURC, sigla che indica la ricerca, il progresso e le scoperte per quanto riguarda la salute pubblica durante una pandemia.

“Oggi ci confrontiamo con un uso dualistico della ricerca e della ricerca biomedica. Da un punto di vista internazionale significa che ci sono grandi implicazioni, dove  Nazioni Unite e Istituzioni dei diversi Paesi sono coinvolte. Un criterio che si collega essenzialmente al concetto della ricerca in base al profitto e alla funzionalità. Questo metodo lavora su virus e batteri, ma anche su cellule umane e cellule di mammiferi, che possono essere manipolati per modificarne il modello genetico allo scopo di ottenere un risultato o di eliminare una funzione. Ci sono però molte funzioni del DNA e dei geni che noi non conosciamo.

Molte delle ricerche di oggi si concentrano su virus antichi relativi a un’unica grande catena del DNA. Esiste un potenziale problema sia sul lavoro sui patogeni degli umani (ebola, hiv, zika, ecc) che su nuovi patogeni potenziali per studiarne la virulenza, la probabilità di essere contagiosi e come possiamo combatterli.

Normalmente sono i laboratori ad alta sicurezza che si dedicano a questo lavoro e devono anche preparare una ricerca su un possibile antidoto al patogeno che viene studiato, altrimenti non si può condurre lo studio. I comitati bioetici si occupano di verificare che per ogni patogeno studiato ci sia anche un antidoto. E nonostante ci sia una regolamentazione molto rigida, non in tutti i paesi è applicata allo stesso modo. Negli Stati Uniti ad esempio, i laboratori delle università hanno la possibilità di fare questo tipo di ricerche in maniera molto più flessibile; non sono infatti sottoposti al controllo di sicurezza pari a quello dei laboratori P4, cioè quei laboratori autorizzati dalle istituzioni internazionali che hanno regole di lavoro e un’agenda di sperimentazione da condurre ogni giorno. È l’OMS che si occupa della regolamentazione.

Il numero dei laboratori è molto limitato. Harbin è stato aperto nel 2012 mentre Wuhan nel 2019. Nel 2013 i cinesi hanno creato il primo virus di ricombinazione chimerica del virus dell’influenza: un patogeno mortale per gli umani. Negli Stati Uniti ci fu Un grande dibattito riguardo questa sperimentazione ma i cinesi non persero l’autorizzazione delle Nazioni Unite e della FAO. All’inizio dell’epidemia in Wuhan, ci fu un’epidemia uguale ad Harbin. Là si stavano svolgendo dei giochi invernali e fu chiusa. L’epidemia si diffuse soprattutto in Russia, ma non ci sono documenti a riguardo. Tutto ciò avvenne perché, nonostante la distanza, manipolavano gli stessi patogeni.

Quando affrontiamo argomenti come la gestione di un nuovo patogeno come l’Ebola, un patogeno proveniente dalla natura, si pone un problema fondamentale della gestione del rischio: come possiamo controllare l’epidemia? Come possiamo evitare lo scoppio di un focolaio e quali sono le politiche che i paesi possono adottare a livello bilaterale e internazionale? Questo è fondamentale! Abbiamo un po’ di esperienza pregressa riguardo al rischio nucleare che è simile per quanto riguarda i rischi per la popolazione. Lo stesso si applica ai cambiamenti climatici. Molte persone dicono che tutte le epidemie del futuro dipenderanno dal cambiamento climatico. Ma Il cambiamento climatico c’era già in passato, quindi non c’è una correlazione diretta tra cambiamento più climatico e pandemia. Tutto dipende dalla comparsa di nuovi patogeni e dalle tecnologie particolarmente innovative.

Queste tecnologie sono veramente rivoluzionarie, quindi dobbiamo definire bene di che cosa si tratta. Migliorano la vita delle persone? Qual è il rischio biotecnologico? La cosa interessante è che nel 2015, quando la Cina presentò il piano quinquennale di sviluppo e di innovazione tecnologica, la biologia era parte del settimo motivo di sviluppo tecnologico del paese. Il comparto cinese sottolineò all’epoca che la biologia e la biotecnologia potevano essere utilizzati per avere effetti sconvolgenti sulle popolazioni in quanto utilizzabili anche per scopi bellici. I grandi paesi come gli Stati Uniti percepirono subito l’allarme da queste dichiarazioni.

Ma c’era anche un secondo concetto intrinseco: l’unione della società civile e militare. Siamo di fronte a un trasporto di conoscenza da scienza a esercito, da esercito a scienza,  alla base del quale c’è una forte consapevolezza dell’effetto distruttivo che queste tecnologie possono avere.
Quando abbiamo di fronte un’epidemia bisogna avere una risposta pronta, non solo una prospettiva a medio lungo termine per la prevenzione, bisogna farsi carico dei pazienti malati che muoiono. L’intervento deve essere immediato. Le persone ritengono che lo sviluppo sostenibile debba essere sostenuto anche dalla tecnologia ma questo collegamento non è dato per scontato. Non è detto che non si possa avere sviluppo senza la tecnologia.
Poi ci sono due nuovi aspetti:
– le biotecnologie, per noi sono essenziali perché sono ormai entrate nella catena alimentare… nella ricerca genetica, diagnostica ecc.
– la biologia sintetica. Oggi possiamo creare qualcosa in laboratorio, ma possiamo anche creare qualcosa di nuovo che non esiste in natura, non solo replicare. Gli Stati Uniti stanno lavorando molto in quest’ambito con un’aspettativa a lungo termine per l’umanità, ma allo stesso tempo soffrono della competizione con la Cina. La Cina non ha nessun vincolo etico alla Biologia sintetica.

Un altro aspetto importante è l’uso dell’intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti sono leader, seguono l’Europa (la Francia), la Cina, il Giappone e la Russia. L’intelligenza artificiale è strategica per prevedere che cosa avverrà in modelli di simulazione, se si hanno a disposizione dati sicuri e big data. Poi c’è il concetto della cyber security, della bio-sicurezza. Le cliniche raccolgono moltissimi dati sui pazienti. Un hacker può chiedere un riscatto per farsi restituire i dati che ha rubato. Siamo di fronte a un nuovo scenario dove ci saranno dei database della popolazione su base demografica, sesso, e dati sanitari. Tutti questi dati possono essere rubati e manipolati dagli hacker. Questa intrusione nel sistema informatico deve essere combattuta, per proteggere i diritti umani  ma anche per imparare a gestire i dati in maniera etica e per evitare che ci siano manipolazioni anche da parte di alcune aziende.

Un altro elemento importante è creare e nutrire una cultura di ascolto della scienza, degli scienziati; allo stesso tempo dobbiamo però creare una cultura in cui gli scienziati assicurino e garantiscano la loro integrità scientifica.

Quando abbiamo fondato il laboratorio di bioetica e di etica biologica, all’epoca pensammo: “dobbiamo stabilire alcune regole riguardo a come possiamo gestire eticamente alcune tecnologie rivoluzionarie che entreranno a far parte del nostro campo”; e da lì si è aperto un dibattito. Alla fine è una scelta della società decidere: “ok voglio che il mio genoma sia manipolato dalla tecnologia”. E’ una decisione sociale, non medica.

I tre grandi ambiti da considerare nella governance e nel processo decisionale sono: l’intelligence della sicurezza, la difesa per la protezione, la finanza per l’innovazione e lo sviluppo. I  primi due ambiti sono piuttosto chiari e definiti nella società moderna, il terzo comparto invece è più fluido. Questo ha delle implicazioni e dei costi davvero rilevanti e porta anche a dei contrasti tra le politiche nazionali e le politiche generali di aggregazione finanziaria della popolazione.

Affrontiamo ora il tema della sicurezza delle Bio guerre e  delle armi biologiche. Essenzialmente tutti i paesi hanno firmato la convenzione sulle armi biologiche: gli Stati Uniti, la Cina, Israele; poi ci sono altri paesi come Russia, Regno Unito che da molto tempo hanno lavorato alle armi chimiche. E l’India. L’elemento strano è che nella convenzione tutti i Paesi hanno firmato ma alcuni paesi come la Cina, hanno firmato ma non hanno mai ratificato. Questo vuol dire che se vai in Cina puoi fare tutto quello che vuoi con la Bio tecnologia, anche se la tua tecnologia potrebbe diventare un’arma. Infatti in Cina stanno sviluppando degli embrioni che sono un mix tra l’uomo e la scimmia. Ci sono gruppi di scienziati cinesi e americani che partecipano a questa ricerca.
La manipolazione degli embrioni per l’HIV è un altro ambito sviluppato in Cina, sarebbe stato impossibile lavorarci in Europa o negli Stati Uniti. Il problema è la proliferazione di attori, diversificazione di domini scientifici e la digitalizzazione delle minacce, il che è molto importante per la sicurezza.

C’è un grande dibattito sull’origine di questo COVID ma abbiamo tutti i dati, perché la Cina ha creato molti virus ricombinati a partire dal coronavirus. Ha poi ha iniziato a manipolare il nucleo di questi virus e inserirlo negli insetti.
Tutto questo lavoro è stato creato con la collaborazione di molte nazioni per creare un nuovo patogeno, e ne sono stati creati addirittura otto: ci sono paper e abstract a riguardo. Vogliamo davvero aprire il vaso di Pandora senza nessun controllo, senza nessuna limitazione, nessuna decisione da parte delle grandi istituzioni? Quando una cosa scappa come fai a recuperarla? E noi siamo stati testimoni. Oggi, dopo un anno e mezzo, non siamo ancora pronti ad affrontare una sfida del genere. e questa è proprio la grande sfida per gli operatori di questo settore”.

Claudia Baldini

Consulente comunicazione - Proprietaria e direttore di testata giornalistica indipendente "L'Arte del comunicare" - P.R. - Speaker - Formatrice