Guardavo mia figlia fuori dalla palestra.

Divisi da una grande vetrata ma consapevoli, entrambi, che sarebbe stata l’ultima schiacciata prima di una pausa forzata e nei tempi indefinita.

Il suo sorriso tirato danzava un tango col mio subbuglio emotivo, cocktail di senso di colpa e rabbia.

È cosa ormai risaputa che dal 10 gennaio scorso, a molti adolescenti privi di greenpass rafforzato (da vaccinazione o guarigione) sia stata tolta la possibilità di praticare attività sportiva strutturata all’interno di Associazioni sportive.

Molti genitori si sono trovati, da allora, innanzi a una scelta complessa.

Domanda.

È giusto?

Uno stralcio da www.dirittoconsenso.it

“… lo sport può essere ricompreso nelle posizioni, espressione della libertà personale (art. 13 Cost.) attraverso le quali si perfeziona la persona umana sia come singolo che in una formazione sociale (art. 2 Cost.), al quale tutti devono poter aver accesso in eguali condizioni (art. 3 Cost.), in ottica di una migliore salute (cfr. art. 32 Cost.)”.

Vedo già sventolare indici accompagnati da “Ma sei medico, scienziato, analista ed esperto di diritto?”.

No, non lo sono.

Altra domanda.

Che fare?

Nel silenzio assordante generale (e complice) della stragrande maggioranza di realtà sportive, sono nate piccole sacche di resistenza propositiva.

Attività all’aperto delle più disparate pratiche motorie. Gruppi forse non ben strutturati, eterogenei per età e competenze, caotici a volte ma accomunati dal desiderio di non mollare la presa.

È di pochi giorni fà la notizia di una partita di basket Rimini-Forlì, nel campetto di un parco comunale forlivese a cui, da istruttore di basket autosospeso, ho avuto il privilegio di partecipare. Con tanto di “Terzo Tempo”, post gara, a base di merende cerimoniali, chiacchiere e strette di mano, ormai in disuso (ma necessarie ora più che mai).

Una delle tante iniziative che, magari sotto traccia, vivono dignitosi spazi di esistenza lontano dal clamore massmediatico (per inciso, quest’ultimo condannerebbe senza discussione alcuna, esclusivamente per convinzione dogmatica).

Ora ci avviamo, probabilmente, verso un allentamento delle restrizioni e un possibile ritorno a una normale pratica sportiva.

Che fine faranno queste iniziative spontanee?

Forse si struttureranno.

Forse si dissolveranno.

Resteranno comunque superbi allenamenti alla resistenza.

In caso di futuri rigurgiti restrittivi, ci aiuteranno a rispondere più celermente all’unica domanda costruttiva.

Quella priva di orpelli lamentosi.

Tu, puoi fare qualcosa?

di Riccardo Marisi
Istruttore “in autosospensione”

Claudia Baldini

Consulente comunicazione - Proprietaria e direttore di testata giornalistica indipendente "L'Arte del comunicare" - P.R. - Speaker - Formatrice