Sempre più numerose e diffuse le sofferenze del cuore che confluiscono in maniera sistematica in libri, articoli, blog e social.

Le numerose richieste d’aiuto da parte di cuori spezzati popolano le pagine appositamente dedicate di riviste rivolte alle donne o quelle web appositamente create da solitari o gruppi a caccia di facili soluzioni.

E così si moltiplicano a vista d’occhio sedicenti esperti ed esperte di cuori infranti pronti a porgere una mano a chi sente di aver ormai toccato il fondo e non ha la più vaga idea di come fare per poter risalire.

Purtroppo non sempre si tratta di veri e propri professionisti del settore, più spesso si trovano alla guida di questi gruppi improvvisati e improvvisate interessati solo a lucrare un po’ o a vivere qualche ora di celebrità che non riescono ad avere in altro modo e così le vittime del “malamore”, che chiameremo meglio, dipendenza affettiva, si ritrovano spesso a cadere dalla padella alla brace.

Ma che cos’è questa dipendenza affettiva? Si tratta di un vero e proprio stato patologico in cui la relazione con un altro soggetto viene vissuta dal dipendente come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza. Si può trattare di relazione sentimentale, sessuale ma anche amicale. Il presupposto è, in ogni caso, la totale mancanza di autonomia facente capo a chi ne è affetto e il bisogno compulsivo della presenza, delle attenzioni e dell’approvazione di una persona che viene resa vero e proprio oggetto di ossessione.

Sono caratteristici della dipendenza affettiva:

  • Paura del conflitto. Non riuscire a dire no e far valere le proprie ragioni.
  • Guardare sempre i bisogni dell’altro e mettersi al secondo posto.
  • Temere le reazioni dell’altro.
  • Paura fortissima di essere abbandonati.
  • Pensieri intrusivi seguiti da gelosia ossessiva e controllo patologico dell’altro.

I dipendenti affettivi hanno spesso sviluppato in età infantile un attaccamento insicuro nei confronti dei propri caregiver e diventano incapaci da adulti di costruire relazioni sane. Tuttavia non sempre questo problema è correlato a dinamiche disfunzionali del passato ma può semplicemente essere causato da particolare fragilità caratteriale, insicurezza, mancanza di autostima o la presenza di alcuni disturbi di personalità quali, per esempio, il disturbo borderline.

La relazione, in presenza di una dipendenza affettiva, è estremamente sbilanciata. Da un lato c’è un soggetto adorante e disposto a tutto per assecondare i bisogni e voleri dell’altro, anche quelli inesistenti che gli sono stati erroneamente attribuiti dal dipendente. Dall’altro, il soggetto prescelto, se inizialmente può, in taluni casi essere lusingato/a per le numerosissime attenzioni che riceve, il più delle volte, trascorso un certo periodo, crolla perché non riesce più a sopportare la natura appiccicosa e completamente priva di autonomia della controparte.

E’ a questo punto che, a volte, nel tentativo di allontanare da sé il dipendente affettivo l’altro diventa maltrattante sortendo spesso l’effetto opposto.

Più si tenta, invero, di allontanare da sé un dipendente più questo/a opporrà strenua resistenza facendo a tratti finta di non capire, chiedendo a volte sempre più attenzioni, supplicando di non essere lasciato, riempiendo sempre più l’altro di attenzioni e tempo, minacciando suicidio e autolesionismo, umiliandosi in tutti i modi possibili e immaginabili pur di non perdere il controllo sulla relazione.

Prede privilegiate di soggetti anaffettivi e privi di empatia dall’ego però gonfiato, quali i narcisisti patologici per esempio, i dipendenti affettivi vengono utilizzati quali specchi in cui riflettersi per un po’ di tempo ma poi puntualmente gettati via come oggetti usati.

Ed ecco che nella relazione coi narcisisti i dipendenti affettivi possono dare il peggio di sé poiché saranno all’ordine del giorno urla, pianti, grida, disperazione, abbandoni e teatrali riconciliazioni.

Il terrore comune a ogni dipendente affettivo è quello di rimaner da solo/a ed è per questo che sono disposti a fare qualunque cosa affinché ciò non accada arrivando spesso a perdere integralmente la propria autostima e dignità.

Riconoscere un problema è per metà risolverlo. Per questo è importante saper individuare lo specialista giusto che possa aiutare a uscire da una dipendenza analoga a quella da sostanze. Ricordandosi sempre che volere è potere e che l’unico presupposto che serve per la guarigione è la volontà.

Cinzia Mammoliti, criminologa ed esperta in manipolazione e violenza psicologica

Claudia Baldini

Consulente comunicazione - Proprietaria e direttore di testata giornalistica indipendente "L'Arte del comunicare" - P.R. - Speaker - Formatrice