Relazione dell’Avvocato Massimo Agerli, civilista, membro del Consiglio Direttivo di ALI, esperto delle questioni giuridiche dei vaccini anti Covid e della normativa emergenziale, al Convegno Scientifico Giuridico “SCIENZA e COSTITUZIONE: le verità sull’obbligo vaccinale anti Covid19” organizzato da 4 associazioni: Coordinamento 15ottobre, Ali, Osa, Fisi.

Tutte le slide a cui si fa riferimento, sono visibili nel video.

“Cari azionisti, le nostre entrate dipendono fortemente dalle vendite del nostro vaccino contro il Covid-19, e le nostre entrate future sono incerte. Potremmo non essere in grado di dimostrare l’efficacia o la sicurezza sufficienti del nostro vaccino Covid, e/o delle formulazioni specifiche per le varianti, per ottenere l’approvazione normativa permanente negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Unione Europea. I nostri ricavi futuri, dalle vendite del nostro vaccino Covid, dipendono da numerosi fattori, tra cui, l’entità della diffusione dell’infezione da Covid, la misura in cui un vaccino Covid continua a essere necessario oltre l’attuale pandemia, anche quando diventa un virus endemico, la durata della risposta immunitaria generata dal nostro vaccino Covid, che non è stata ancora dimostrata negli studi clinici, la nostra capacità di ricevere le approvazioni normative complete, laddove attualmente disponiamo di autorizzazioni di emergenza o equivalenti, la misura in cui il Sars-Cov2 muta, e l’efficacia del nostro vaccino Covid nel prevenire l’infezione da Covid-19 da ceppi mutati.

Il nostro vaccino Covid viene utilizzato dai pazienti come prodotto autorizzato più ampiamente di quanto non sia stato utilizzato negli studi clinici, e pertanto, dopo l’autorizzazione all’uso di emergenza possono essere osservati effetti collaterali e altri problemi che non sono stati osservati o previsti o non erano così diffusi o gravi durante gli studi clinici. Non possiamo garantire che non si verifichino problemi di sicurezza scoperti o sviluppati di recente. Con l’uso di qualsiasi vaccino da parte di un’ampia popolazione di pazienti di tanto in tanto possono verificarsi eventi avversi gravi che non si sono verificati nelle sperimentazioni cliniche del prodotto, o che inizialmente sembravano non correlati al vaccino stesso, e solo con la raccolta di successive informazioni sono risultati essere causalmente correlati al prodotto. Eventuali problemi di sicurezza di questo tipo potrebbero indurci a sospendere o cessare la commercializzazione dei nostri prodotti approvati, eventualmente sottoporci a responsabilità sostanziali, e influire negativamente sulla nostra capacità di generare entrate, e sulla nostra condizione finanziaria. La successiva scoperta di problemi precedentemente sconosciuti con un prodotto potrebbe influire negativamente sulle vendite commerciali, comportare restrizioni sul prodotto, o portare al ritiro del prodotto dal mercato.”

Queste sono le parole del legale rappresentante di Biontech/Pfizer, prof. Uğur Şahin, contenute nella relazione rubricata Fattori di rischio legati alla commercializzazione del vaccino Covid e allegata alla relazione annuale al bilancio al 31 dicembre 2021.

Questa relazione è stata presentata il 30 marzo 2022 alla Security and Exchange Commission, ossia l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della Borsa. La relazione è molto corposa, sono 700 pagine, ma queste parole sono la parte che veramente interessa, perché costituiscono evidentemente ammissioni di carattere confessorio non filtrate ma provenienti direttamente dal produttore del farmaco, relative alla sicurezza e all’efficacia dei prodotti di cui si discute. Quel che impressiona, rispetto alle informazioni pubbliche dei governi nostro e degli altri Paesi europei, è la totale assenza in questa relazione del produttore, di qualsiasi garanzia espressa sull’efficacia e sulla sicurezza dei farmaci in questione, ed anzi, al contrario, la manifesta aleatorietà dell’efficacia rispetto alle continue mutazioni del virus, e l’evidente presa d’atto di gravi reazioni avverse non previste dalla sperimentazione, che potrebbero portare al ritiro dei prodotti e a possibili responsabilità (risarcitorie, aggiungo io), di natura sostanziale. Queste informazioni sarebbero state molto rilevanti se rese pubbliche tempestivamente perché non ci dimentichiamo che, mentre Pfizer/Biontech collezionava questi dati al 31 dicembre 2021, il governo italiano il 24 novembre, il 15 dicembre, il 23 dicembre, il 29 dicembre emetteva una serie di decreti legge che estendevano l’obbligo vaccinale ad un sacco di categorie di lavoratori, e istituiva e poi ampliava a dismisura l’utilizzo del green pass rafforzato al fine, malcelato ovviamente, di costringere i cittadini a vaccinarsi, e tutti questi decreti sono stati accompagnati sempre da una campagna vaccinale di massa improntata alla espressa e fidefacente garanzia di efficacia e di sicurezza dei farmaci proposti. È molto significativo il doppio canale comunicativo, cioè quello reso dai governi ai cittadini e quello reso dal produttore ai propri azionisti, e questo ci deve far capire dove si collochino i veri interessi da tutelare, e nei confronti di chi venga rispettato il principio di precauzione: non per i cittadini, ma per gli azionisti. Ebbene, allegato a questa relazione, c’è il contratto di acquisto dei vaccini che la Commissione Europea ha stipulato con Pfizer. Per capire tecnicamente che cosa è successo, bisogna risalire al giugno del 2020, quando il Consiglio dei Ministri della Salute di tutti i Paesi europei, compreso il nostro, (l’Innominabile, a questo punto), ha stabilito un’azione congiunta per cercare di contrastare la pandemia, e i singoli Stati hanno condotto una trattativa con la Commissione Europea  e hanno fatto un vero e proprio accordo, in forza del quale sarebbe stata la Commissione europea a negoziare, in nome e per conto dei singoli Stati, gli accordi con i produttori di vaccini. Questa è la decisione del 18 giugno 2020.

La parte rilevante di questo accordo tra la Commissione e i singoli Stati, si vede nelle premesse, perché la Commissione europea e i singoli Stati danno atto del fatto che il lavoro per fare un vaccino nuovo è molto impegnativo, i tempi di sviluppo sono ridotti, ci sono ingenti costi iniziali, e c’è un alto tasso di fallimenti durante gli studi clinici. Questa sfida, secondo la Commissione europea, doveva essere vinta come? In questo modo: dovevano essere stipulati degli accordi di acquisto anticipato, cosiddetti APA a livello europeo, di modo che finanziando le varie case farmaceutiche, e dato che il rischio di fallimento della produzione di un vaccino è molto elevato, con questi APA si sarebbero avuti diversi prodotti e quindi ci doveva essere la massimizzazione della possibilità di accesso ad almeno un vaccino di successo. Quindi l’Unione europea ha finanziato, dopo vedremo quanti, una serie di accordi di acquisto anticipato per ottenere, forse, un prodotto valido ed efficace. In forza di tali premesse, Commissione europea e Stati hanno fatto questo accordo, in forza del quale la Commissione avrebbe quindi concluso prima gli APA e poi i contratti di acquisto veri e propri, in nome e per conto degli stati membri, quindi un mandato con rappresentanza e spendita del nome. Gli Stati membri però avrebbero acquistato i vaccini e quindi avrebbero avuto ogni responsabilità. Gli Stati membri dovevano curare anche ogni forma di campagna vaccinale, di utilizzo e di sfruttamento di questi prodotti. L’aspetto importante di questo accordo è che gli Stati membri potevano avere o il diritto di acquistare i prodotti nei confronti dei singoli produttori, e quindi in questo caso avrebbe potuto il singolo Stato negoziare direttamente, oppure avrebbe potuto la Commissione siglare degli APA nei quali era previsto l’obbligo di acquisto. In questo caso il singolo Stato avrebbe dovuto notificare alla Commissione europea il suo rifiuto a dover sottostare a questo obbligo di acquisto nei cinque giorni da quando la Commissione avrebbe comunicato i vari termini specifici dell’obbligo di acquisto. Vige il silenzio/assenso, per cui trascorsi questi cinque giorni la Commissione europea era autorizzata a negoziare obblighi di acquisto vaccinale. A me non risulta che il Governo italiano abbia negoziato direttamente con qualche produttore, quindi mi viene da pensare che siamo in regime di obbligo di acquisto, e questo ovviamente è molto rilevante per i contratti di cui sto parlando.

Sulla base di tali intese risulta (fonte il sito istituzionale, all’interno del quale si può reperire la relazione di Biontech, cui è allegato il contratto con l’elenco dei singoli Stati partecipanti) che la Commissione europea ha pubblicato sette APA, quindi sette accordi avanzati di acquisto con Moderna, Biontech/Pfizer, Sanofi, CureVac, AstraZeneca, Johnson & Johnson e Novavax, e tre PA (Purchase Agreements, quindi contratti di acquisto veri e propri), uno con Moderna, l’1 marzo 2021, e due con Biontech/Pfizer, l’ultimo dei quali, quello del 20 maggio 2021, è esattamente quello allegato alla relazione, ed è quello che approfondirò, perché bisogna vedere coi propri occhi come ci trattano. La criticità di questi contratti, quello di Moderna è uguale, è il totale oscuramento, nel documento pubblicato dalla Commissione europea, e i cosiddetti omissis del contratto pubblicato da Pfizer, delle più importanti clausole contrattuali, che riguardano direttamente e indirettamente gli aspetti relativi all’efficacia e alla sicurezza dei vaccini. Vediamo, anzi non vediamo, perché è tutto oscurato, che viene oscurata la definizione di “forza maggiore”, che in un contratto di compravendita o di fornitura in materia vaccinale si immagina potrebbe anche riguardare aspetti legati alla sicurezza, all’efficacia, alle varianti, ai possibili eventi avversi eccezionali, alla possibile revoca delle autorizzazioni (questo sì che sarebbe veramente un evento eccezionale!), sono oscurati i componenti chiave per lo sviluppo, la produzione e la fornitura dei vaccini, viene addirittura oscurata la definizione stessa di vaccino. Vediamo che la durata della fornitura è di 36 mesi, quindi abbiamo questo contratto in essere fino a maggio 2024. Viene oscurata completamente la parte di rivendita e delle donazioni, in modo che non si sappia come l’UE fa beneficienza verso gli altri Paesi. Vediamo a seguito cinque slide vuote, ma in realtà sono cinque pagine di contratto completamente oscurate. Il meccanismo di fornitura e i sub-fornitori sono oscurati. Sono oscurate le garanzie, sono oscurati gli obblighi del produttore su possibili richieste e documenti legali e normativi, nonché le deroghe o le rinunce a non si sa bene cosa. Sono oscurate le modalità di stoccaggio, sono oscurate le modalità di gestione dei vaccini, dove è previsto che il produttore possa fornire allo Stato la scheda di sicurezza e altre informazioni concordate, ma è oscurato di che cosa si tratti. Vedete qua in fondo si legge “fogli di sicurezza”, ma il contenuto è completamente oscurato. È oscurata la clausola sui test e i controlli di qualità, ovviamente il prezzo. È oscurata, al punto 12, l’Indemnification, ossia l’indennizzo, dove si legge che la Commissione europea, per conto degli Stati dichiara che l’uso dei vaccini prodotti sotto la disciplina del contratto avverrà in condizioni epidemiche, che hanno richiesto tale uso, e che la somministrazione dei vaccini sarà quindi condotta sotto la responsabilità esclusiva dello Stato, senza alcuna ulteriore precisazione in quanto oscurata. La legge applicabile è quella del Belgio, tuttavia viene oscurata la parte che riguarda la risoluzione delle controversie. Sulle altre speciali condizioni si legge che il produttore terrà informati la Commissione e gli stati membri circa omissis, durante la farmacovigilanza o i programmi di monitoraggio dei vaccini che sono oggetto dell’accordo omissis. Al punto 16, che riguarda la responsabilità, non sono visibili nemmeno le firme, anch’esse oscurate. Al punto II.6 Responsabilità è completamente oscurato, mentre al punto Limitazioni della responsabilità si legge che, tenuto conto della natura della situazione senza precedenti del Covid, e le circostanze eccezionali sotto le quali i vaccini verranno forniti, le parti esplicitamente concordano che omissis e che la responsabilità del produttore in ogni caso non potrà eccedere omissis e che in nessun caso la responsabilità di ciascuna parte può essere esclusa o limitata da omissis. È prevista, ma oscurata, la disciplina di una possibile campagna di richiamo dei vaccini, quindi non sappiamo in quali ipotesi e casi potrebbe verificarsi un richiamo. Sulla parte relativa alle garanzie tra le parti è completamente oscurato ciò che il produttore garantisce alla Commissione e agli Stati, e ciò che la Commissione e gli Stati possono fare nel caso di eventuali inadempimenti. Il contratto prevede poi che la Commissione possa recedere, e ogni Stato possa interrompere le forniture, ma non si sa in quali casi. Da ultima la clausola di riservatezza, che prevede ovviamente la riservatezza, quindi un vincolo per la Commissione e per gli Stati, a meno che, lettera C, la legge applicabile richieda la divulgazione di informazioni confidenziali o documenti.

Mi aggancio a questa ultima clausola di riservatezza contenuta nel contratto per capire se esista un diritto alla trasparenza, e quindi alla conoscibilità integrale di tali contratti. Abbiamo visto che la legge applicabile è quella del Belgio. La prima conseguenza è che la normativa belga, così come quella italiana, comprende certamente come disposizione di carattere vincolante il Trattato di Lisbona, firmato nel dicembre del 2007 ed entrato in vigore l’1 dicembre 2009. Lo scopo di tale trattato è quello di rendere l’UE più democratica, e si legge nella modifica dell’art. 15, che contiene i principi fondanti l’Unione Europea, che al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile. Al comma 3 “qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato Membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma del presente paragrafo. Tali limiti, i principi generali e le limitazioni a tutela degli interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti mediante regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa.” Io ho cercato, magari sono stato negligente io, ma non ho rinvenuto regolamenti emessi dal Parlamento e dal Consiglio Europeo, che abbiano limitato la trasparenza sui contratti d’acquisto dei vaccini.

Quindi una prima risposta alla domanda di trasparenza e conoscibilità dei contratti proviene direttamente dal diritto comunitario. Le altre risposte però vengono dalla normativa interna, quindi dal diritto italiano perché si è visto che gli APA e poi i contratti di acquisto veri e propri sono stati stipulati alla Commissione europea quale mandataria dello Stato italiano con rappresentanza, ma tutti gli effetti del contratto si riverberano ovviamente sullo Stato italiano e sui cittadini italiani. L’interesse sotteso a questi contratti è ovviamente pubblico, ma sono pur sempre contratti, sono contratti di fornitura o compravendita, con un produttore privato, tra l’altro, e viene data esecuzione in Italia, perché i fruitori dei prodotti sono cittadini italiani, e quindi necessariamente devono poter essere inseriti nel quadro normativo e legislativo interno, tenuto conto anche del fatto che comunque la strategia di vaccinazione è a carico del singolo Stato. Quindi, se si applica anche la normativa interna, il primo articolo di riferimento, che forse se correttamente applicato sarebbe anche sufficiente, se non ci fossimo dimenticati da almeno due anni che esiste la Costituzione, è l’articolo 41 che disciplina l’iniziativa economica, e dice “l’iniziativa economica privata è libera, però non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. L’applicazione concreta di questa norma costituzionale avrebbe già giustificato di per sé una pretesa di trasparenza e di conoscenza di tali contratti. Scendendo come grado di gerarchia delle fonti passiamo al fatto che questi tipi di contratti hanno una struttura molto peculiare, perché sono stipulati da due soggetti, lo stipulante, ovvero lo Stato italiano, il promittente, ovvero il produttore, e il beneficiario che è un terzo, cioè nel nostro caso il cittadino italiano. Questa struttura, per essere ammissibile nel diritto interno civile italiano, rimanda necessariamente all’istituto del contratto a favore del terzo, art. 1411 c.c., perché bisogna rispettare comunque il principio di relatività, ossia il fatto che un negozio che c’è tra due soggetti, non può in nessun caso andare a ledere l’autonomia e la sfera negoziale di un terzo che è estraneo all’accordo. È un principio base del diritto civile. E quali sono le condizioni perché il contratto a favore del terzo sia valido e sia applicabile in questo caso? Lo stipulante, in questo caso lo Stato, deve avere un interesse in tal senso, e tale interesse può essere economico, istituzionale o anche morale. Il terzo non è parte del contratto, né in senso sostanziale né in senso formale, e deve limitarsi a ricevere gli effetti positivi o comunque vantaggiosi di un rapporto che è stato stipulato tra altri, senza che a suo carico possano derivarne obbligazioni verso il promittente. La dichiarazione del terzo di voler profittare può avvenire anche per fatta concludenza, ma qual è l’elemento che rende compatibile tale struttura negoziale con il principio di relatività di cui vi ho parlato sopra? Il fatto che il terzo, ovviamente, può rifiutare la prestazione. Se dunque il terzo può decidere di accettare o non accettare questa prestazione, come è mai possibile che non conosca il contenuto del contratto che dovrebbe poter accettare o rifiutare? Non è possibile. Veniamo alla parte importante, ovvero che il cittadino in questo caso è anche un consumatore. L’applicazione del codice del consumo è un’ottima base di appoggio per sostenere il diritto alla trasparenza. Il dl 206/2005 prevede, partendo dalla fine, l’irrinunciabilità dei diritti che sono contenuti nel codice del consumo, e anche la possibilità di applicarlo qualora il contratto abbia una legislazione diversa da quella italiana. Nella definizione di consumatore o utente, la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale commerciale, artigianale, professionale eventualmente svolta e nella definizione di prodotto, qualsiasi prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibile in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se non a lui destinato, fornito, o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività commerciale. Sono due definizioni talmente ampie che consentono di individuare il cittadino fruitore dei vaccini anche come consumatore. E quali sono i suoi diritti? Ce lo dice l’art. 2: “Fondamentali diritti del consumatore: tutela della salute, alla sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi, alla adeguata informazione ed una corretta pubblicità, all’educazione al consumo, alla correttezza e alla trasparenza e all’equità nei rapporti contrattuali. In conclusione, i cittadini italiani ed europei, al fine di poter esercitare il diritto ad una scelta consapevole, devono avere una risposta a diverse domande che sono contenute nelle parti oscurate di quei contratti. Di fronte alla reticenza dello Stato, quale stipulante, a fornire tali contratti, diventa rilevante e fondamentale che vi sia un giudice che ne ordini l’esibizione e l’acquisizione.

Tutti questi diritti devono sussistere, a maggior ragione per chi è soggetto ad un obbligo vaccinale, ossia al cosiddetto terzo beneficiario che è stato privato della propria autonomia negoziale e dell’intangibilità della propria sfera giuridica. Come noto la Corte costituzionale è stata investita della questione di legittimità costituzionale. La domanda che dovrà porsi la Corte costituzionale il 30 novembre p.v., e dovrà farlo per forza perché i colleghi Sinagra, Di Lorenzo e Veneziano, in sede di intervento hanno formulato un’espressa istanza in tal senso alla Corte costituzionale, e quindi deve chiedersi, la Corte, se sia possibile assumere una decisione sulla legittimità degli obblighi vaccinali, senza conoscere il contenuto essenziale dei contratti che disciplinano il rapporto di fornitura di tali prodotti. La risposta credo sia necessariamente negativa, pertanto la Corte costituzionale, di fronte a quello che ci è stato presentato come il primario interesse pubblico di fronte al quale devono cedere il passo tutti gli altri diritti e tutte le libertà costituzionali, ossia quello alla salute dei cittadini, avrà il dovere giuridico e aggiungo anche l’obbligo morale di acquisire nel giudizio di costituzionalità i contratti di cui abbiamo parlato.

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Claudia Baldini

Consulente comunicazione - Proprietaria e direttore di testata giornalistica indipendente "L'Arte del comunicare" - P.R. - Speaker - Formatrice