Luca Farinotti ospita nella sua rubrica “Il consumatore resistente”, Mark Cassar, fondatore della Mark Cassar winery a Malta, guardiano della policoltura, esponente di riferimento in Europa della nuova agricoltura sostenibile basata sull’utilizzo esclusivo di energie pulite, e perdute tecnologie alchemiche.

Farinotti: La prima volta che si siamo conosciuti, mi facesti vedere la vigna (era ottobre 2020), dicendomi che quasi tutto il raccolto era da buttare per una serie di problematiche, ma che anche il raccolto del vicino, il quale aveva utilizzato l’agricoltura tradizionale, era nelle stesse condizioni.

Cassar: La maggior parte delle malattie che conosciamo oggi esistevano già, ma non in questa quantità. C’è una vera e propria ondata di intolleranze a cibi o ad altro, con malattie sempre nuove. Ma questo non è sempre il risultato della chimica sintetica usata per diserbare o evitare i danni prodotti dai “pesti”: i danni li facciamo noi e dobbiamo trovare il modo di metter di nuovo la vita, la risonanza in quello che mangiamo o beviamo. Anche il cuore e l’anima devono mangiare! In realtà, la nostra ragione di vivere non è tanto cambiata: cerchiamo di fare il meglio per noi stessi, per la nostra famiglia e per il futuro, ma dobbiamo pensare di fare del bene a tutti, non solo agli uomini, soprattutto a ciò che vive intorno a noi. L’agricoltura rigenerativa deve tenere sempre a mente una cosa: non uccidere.

Farinotti: Raccontaci cosa c’è intorno alla tua vigna, ai tuoi filari, come animali, insetti e “pesti”, cioè i microorganismi…

Cassar: Da me i pesti non ci sono, perché io gli insetti li tratto da insetti. Vengono da me e trovano da mangiare, perché devono fare il loro ciclo nutrendosi della vegetazione indigena; le piante aspettano gli insetti: piante ed insetti sono in comunicazione. Da un paio d’anni, qui, abbiamo un problema con una piccola coccinella nera che sta facendo danni nei vigneti, ma non da me. Perché? Perché preferiscono la rucola selvatica, come gli altri insetti, e se non la trovano perché abbiamo diserbato, lavorato la terra diverse volte all’anno e usato insetticidi per allontanarli, allora questa vegetazione manca e non c’è più comunicazione tra tutti gli esseri viventi… Il vino non è altro che un cibo che si condivide con le persone care, con la famiglia e gli amici e serve a mettere tutti sulla stessa lunghezza d’onda: se dentro c’è qualcosa di sintetico, questa magia non può funzionare.
La natura fa da sé, non c’è bisogno dell’intervento dell’uomo. Quello che faccio io è un intervento minimo, lasciando che l’erba e le piante indigene crescano: tutti condividono la stessa terra e si aiutano a vicenda, creando il perfetto microclima.

Farinotti: Tu hai creato anche qualcosa di particolare: una cantina in mezzo a questa terra, dove utilizzi solo energia pulita. Ce la descrivi? E poi ti chiedo: è vero che questo sistema è più costoso ed impegnativo?

Cassar: Durante la costruzione della mia cantina ho avuto come l’impressione che ci fosse “qualcun altro” che mi desse gli ordini, e anche l’architetto si stupiva delle mie scelte perché erano fuori dal comune. Io non sapevo rispondere, ma era proprio il luogo: questa cantina scavata sottoterra è come si costruisse da sola! C’è un cisterna che raccoglie l’acqua piovana; poi c’è una zona con i QUEVRI (delle anfore georgiane) che quando li ho installati, non avevo idea del loro funzionamento. In realtà se il luogo non ha una certa risonanza, se non c’è un vortice, un magnetismo non ferroso, i QUEVRI non funzionano.

Farinotti: Nella cantina, oltre alla cisterna ci sono delle prese d’aria: cosa sono? Tu usi solo le energie della natura, sole, acqua, vento e l’energia termica…

Cassar: Sì, io faccio entrare l’aria dal retro e poi la faccio circolare per mezzo di ventole che tengono l’aria in continuo movimento e mantengono una temperatura ambientale intorno ai 17 gradi, anche durante l’estate quando le temperature oscillano tra i 40° e i 45°, senza l’uso dell’elettricità. Grazie a questo, ho potuto sopravvivere durante il Covid alla mancanza di vendite per circa tre anni, lasciando il mio vino in cantina senza spendere soldi. È molto meno costoso utilizzare tutte le energie naturali che non hanno bisogno di essere collegate alla centrale. La mia, tra l’altro, è una cantina con circa 35 tonnellate di vino, non parliamo di pochi litri.

Farinotti: Parliamo adesso dei QUEVRI. Tu, ascoltando questa voce interiore, sei riuscito a costruire la tua azienda, la tua cantina in mezzo alla natura dove il consumo energetico è quasi zero e dove soprattutto non produci inquinamento, sei sostenibile e, anzi, sei di aiuto alla natura circostante.

Cassar: I QUEVRI sono prodotti in Georgia, perché lì l’argilla contiene una grande quantità di oro, di argento, di magnesio: si parla di sette metalli non ferrosi nell’argilla. Con l’utilizzo dei QUEVRI si fa il vino da quasi settemila anni: perché questo metodo è diverso da tutti gli altri? Il fatto è che quando si trovano in un luogo fortemente magnetizzato, un magnetismo non ferroso, il vino anche se rimane nei QUEVRI per due o tre anni, senza aggiungere niente, nemmeno i solfiti, continua a muoversi, non è statico, altrimenti non rimarrebbe vino. Questa è la parte più importante dei QUEVRI: siamo in pochi a fare il vino con questo metodo, in Italia c’è solo una persona in Friuli. Parlare di QUEVRI vuol dire parlare di magia, di energia; questa è l’energia che c’è in natura e noi dobbiamo solo ascoltare ciò che la natura vuole da noi… e forse anche il nostro destino. Io credo sia stato il destino a portarmi fin qui.

Farinotti: Tu hai certamente seguito il tuo destino e il tuo è un perfetto esempio di interazione uomo natura: l’uomo ascolta, si lascia guidare e poi, quando finalmente mette le sue mani nella natura, a seconda delle scelte che fa, può far sì che la natura, oltre a rimanere incontaminata, dia i frutti all’uomo sotto forma di doni meravigliosi, come il vino o altro sull’onda di questa vibrazione. Risonanza, come tu hai detto. Oppure, l’altro modo di approcciarsi alla terra è quello di oggi, quello in cui l’industria del cibo mette l’uomo al di sopra della natura: ma questo dominio dove ci porterà?

Cassar: Secondo me non potremo mai dominare la natura. È la natura che ci domina. Noi dobbiamo solo restituire l’energia, perché l’energia si rinnova. L’agricoltura convenzionale di cui parliamo, in realtà è qualcosa di molto recente e, infatti, stiamo vedendo i risultati di questa nostra maniera di fare le cose. Non parlo del cambiamento climatico, a cui io personalmente non credo, ma siamo noi che stiamo cambiando, che stiamo implodendo; e questa scienza che deriva in parte dall’alchimia, ci sta uccidendo. Noi ci stiamo uccidendo e stiamo uccidendo la natura, nostra Madre.

Farinotti: Cosa provi quando cammini sulla tua terra, tra le tue vigne? Qual è l’emozione che senti?

Cassar: La libertà. Essere in contatto con la natura.

Nella rubrica “il consumatore resistente” condotta da Luca Farinotti, partecipano persone che conoscono la terra, che attraverso la loro filosofia cercano, in questo difficile periodo, di fare produzione virtuosa, agricola o allevamento, per aiutare i consumatori a capire che ci possono essere alternative al mercato attuale, all’industria del cibo. Fare agricoltura sostenibile, produrre cibo virtuoso, non è impossibile: siete in pochi, però il nostro auspicio è che la rete diventi sempre più grande e che i consumatori abbiano a disposizione sempre più prodotti provenienti da un’agricoltura virtuosa.

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Claudia Baldini

Consulente comunicazione - Proprietaria e direttore di testata giornalistica indipendente "L'Arte del comunicare" - P.R. - Speaker - Formatrice